VENTISETTE GENNAIO , GIORNO DELLA MEMORIA
- unionepopolare2020
- 27 gen 2022
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Il Giorno della Memoria rappresenta per la storia un’occasione per riflettere su quanto l’uomo, nonostante la sua ostentata cultura, civiltà e progresso tecnologico e sociale, possa essere spietato, al di fuori di ogni limite di crudeltà e di odio. È doveroso ricordare la “Commemorazione” di una libertà arrivata dopo anni di torture, di barbarie, di stermini. Una data da cerchiare in rosso su un calendario eterno perché non si può dimenticare un genocidio senza pari e perché occorre restituire un briciolo di umanità a milioni di persone. Una follia scaturita dagli uomini e scatenata contro altri uomini colpevoli di essere diversi, di essere nati ebrei, di professare un’altra religione, di appartenere ad una razza considerata inferiore, una razza da eliminare con una “soluzione finale”. Una ferocia per troppo tempo coperta dal silenzio di chi sapeva e non parlava, di chi, davanti ad una simile strage durata anni, non aveva il coraggio di ribellarsi, di difendere migliaia di famiglie strappate dalle loro vite e dalle loro case e ammassate in luridi treni diretti verso il massacro, verso le più brutali atrocità. Qualcuno, però, è riuscito a sopravvivere ed a raccontare: dalla deportazione, alle camere a gas, dalle torture alle fucilazioni, dalla fame alla liberazione. Davanti alle crude testimonianze, in tanti hanno abbassato la testa, sopraffatti da un profondo senso di vergogna, ma molti hanno addirittura pensato che fosse solo il racconto di visionari, come se quei campi di concentramento non fossero mai esistiti. E invece quei lager sono ancora là, nel cuore della civilissima e colta Europa. Lager dove la dignità e la vita venivano annientate, dove gli uomini diventavano numeri impressi sulla loro stessa pelle. Sono passati decenni dall’apertura dei cancelli, ma l’indifferenza continua, come se il silenzio alleviasse le sofferenze. Un silenzio che, anche oggi, diventa una pericolosa arma contro altre stragi, più o meno volontarie, che si compiono giornalmente nel Mediterraneo, cimitero per molti uomini, per troppe donne e bambini in fuga dall’oppressione di guerre o dittature, che provano ad attraversare il mare della speranza. Lungo la “rotta balcanica” arriva in Italia e in Europa una parte rilevante dei rifugiati del nostro continente. Sono principalmente siriani, afghani, iracheni, iraniani, pakistani che fuggono da persecuzioni e conflitti pluriennali. Lungo tutta la rotta continuano a verificarsi misure che mettono a rischio le persone migranti: violenze, torture, respingimenti e restrizioni arbitrarie. Traversate che spesso si infrangono contro un’Europa sorda e cieca e che, diplomaticamente, volta lo sguardo dalla parte opposta lontano da chi non ha avuto una vita facile ed a cui si vuole negare la possibilità di rinascere. Certo oggi in Europa non c’è il nazifascismo, non ci sono le leggi razziali, né i campi di concentramento, resta però una rabbia sottesa contro il diverso, contro chi arriva da lontano. Questa non è umanità, questa non è civiltà. Si dimentica facilmente il nobile valore dell’accoglienza e si chiudono gli occhi di fronte al degrado di un’Italia in cui cresce il malcontento generale. Si dovrebbe lavorare su misure di prevenzione e contrasto di ogni tipo di discriminazione e di violenza, che scaturisca da motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. In occasione del Giorno della Memoria, le bocche si inebriano di un’ipocrita retorica. Quest’anno suonerà ancor più stucchevole del solito: l’occasione per mostrarsi sensibili, solidali, umani, per l’Italia c’è stata, ad esempio col Ddl Zan. Ma con lo stop del Senato avvenuto lo scorso ottobre, l’opportunità di fare un doveroso e urgente passo avanti nella lotta per la dignità e i diritti di tutti è stata affossata. Per via di un ostinato fanatismo che non permette di guarire ferite ancora aperte che continuano a macchiare il volto di un Paese, che dovrebbe guardare avanti, essere pronto a costruire ed a rafforzare i legami. Politici illuminati come Giorgio La Pira ci hanno insegnato che occorre rimettere al centro dell’azione amministrativa e della politica la persona. Persona che ha sì molti doveri, ma anche tanti bisogni e necessità confluiti nella Costituzione, dove si riconoscono i diritti inviolabili dell’uomo, diritti che andrebbero rispettati. Spendersi per gli altri, dunque, non come obbligo, ma come gesto di solidarietà e di umanità. Ecco perché quello che continua ad accadere ai migranti, ogni giorno, sotto i nostri occhi e davanti alle telecamere di tutto il mondo, è aberrante. Contro ciò che è stato prima di quel 27 gennaio 1945 non possiamo far altro che esprimere sdegno, condannando chi ha permesso simili atrocità, ricordando i morti e onorando chi è uscito vivo da quei cancelli. Per le vittime di oggi possiamo ancora fare tanto, molto di più. “Historia magistra vitae est”: conoscere la storia, per non ripetere più gli errori gravissimi del passato. Chiudersi nelle proprie certezze, alzare barriere e temere chi arriva da fuori è un atteggiamento pericoloso, che un Paese ed una Europa civile non possono permettersi di avere, per non ricadere in irripetibili atrocità. Per non dimenticare.
È questo il significato del Giorno della Memoria: il dovere di non dimenticare descritto da Primo Levi. "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre".
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