10 FEBBRAIO
- Unione Popolare
- 10 feb 2022
- Tempo di lettura: 2 min
La questione delle foibe è rimasta per molto tempo una pagina buia nella cultura e nella società italiana, una pagina che era preferibile non leggere.
Questo perché rappresenta una vicenda complessa ed ampia, cui è difficile parlare senza cadere in facili equivoci, e che si presta ad essere declinata con forme propagandistiche e retoriche che poco hanno a che fare con la sua reale natura e portata storica.
Alla tragedia delle foibe concorsero spinte e fattori molteplici, non solo quello ideologico, fascismo e comunismo, o quello nazionale, slavi e italiani, ma anche quello sociale, legato alle differenze di classe e teso a colpire i ceti dirigenti, e quello politico, volto ad attaccare tutti coloro che si opponevano all’annessione dei territori interessati a favore del nascente stato della Jugoslavia.
Nelle foibe caddero collaborazionisti e militi della Repubblica di Salò, membri dei Comitati di Liberazione Nazionale, Partigiani combattenti, Comunisti contrari alle cessioni territoriali, Autonomisti fiumani, oltre a molti comuni cittadini, italiani ma anche “ex italiani” di nazionalità slovena e croata; in totale i numeri stimano fra le 3.000 e le 5.000 uccisioni avvenute anche se alcune fonti arrivano a quantificare fino a 11.000 il numero dei morti.
Il Giorno del ricordo, a 17 anni dalla sua istituzione, deve essere guardato, vissuto e celebrato con uno sguardo consapevole.
Uno sguardo che alla condanna di quei fatti accompagni la comprensione di quei fatti; che sia in grado di considerare ciò che avvenne ma al contempo anche di comporlo con il contesto storico che originò la tragedia delle foibe, ed il connesso esodo giuliano-dalmata; che rifiuti tutte quelle falsificazioni tese a fare della ricorrenza un ambiguo contraltare del Giorno della memoria.
Uno sguardo maturo che deve offrire alle destre la serietà di porre fine a strumentali proseliti nazionalistici alimentatori di motivi di tensione ed alle Sinistre di superare inconsci sensi di colpa e parlare liberamente degli avvenimenti.
Uno sguardo che renda corretta giustizia ai morti di quel confine orientale che oggi è, unitamente, Europa.
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