L'EPILOGO DI ALDO MORO
- Fabrizio Bruno
- 9 mag 2021
- Tempo di lettura: 3 min
9 Maggio 1978: in via Caetani, a Roma, viene ritrovato il corpo di Aldo Moro crivellato di
colpi e lasciato nel bagagliaio di una Renault rossa. L’onorevole Moro,
politico di lungo corso e presidente della Democrazia Cristiana, era stato
rapito il 16 Marzo dello stesso anno in via Fani, quando un commando di
brigatisti aprì il fuoco sull’auto dell’onorevole uccidendo i due carabinieri
che viaggiavano con lui ed altri tre militari che viaggiavano nell’auto di
scorta poco dietro. Il rapimento di Aldo Moro si colloca in uno dei periodi
più bui per la Repubblica, flagellata dalle azioni violentissime delle due ali più estreme dei partiti di destra e di sinistra. Aldo Moro era la figura di riferimento e di spicco per il tentativo di mandare in porto il celeberrimo “compromesso storico”, cioè quell’accordo che avrebbe dovuto portare al riavvicinamento tra Democrazia Cristiana (DC) e Partito Comunista Italiano (PCI). L’intento di riavvicinare queste due correnti politiche così distanti tra loro rientrava nell’ottica del tentativo di instaurazione di un governo di solidarietà nazionale, volto a portare l’Italia fuori dalla crisi politica e sociale che imperversava in quegli anni. Ricordiamo infatti che l’Italia si trovava nel pieno degli “anni di piombo”, dove la violenza delle fazioni estreme ormai dilagava nelle piazze e nelle manifestazioni. Urgeva quindi unire sotto la stessa egida partiti diametralmente opposti tra loro, per cercare di trainare la Repubblica fuori da questo grave periodo di crisi. Le Brigate Rosse, organizzazione terroristica di estrema sinistra, motivarono il rapimento dell’onorevole Moro spiegando la loro intenzione di bloccare a qualsiasi costo la formazione del nuovo governo Andreotti IV, che sarebbe stato di unità nazionale, completando il famoso compromesso storico tanto agognato tra i partiti più in vista del panorama politico italiano. La notizia del rapimento si diffuse subito in tutta Italia, monopolizzando i media per i giorni a seguire.Dopo alcuni giorni di silenzio e dopo diversi comunicati spesso falsi inviati dai brigatisti, un primo tentativo di liberazione si ebbe quando le BR cercarono di intavolare una trattativa: la liberazione di alcuni brigatisti in cambio della liberazione di Moro. Il parlamento si divise subito in due: i partiti di destra erano assolutamente contrari allo scambio, in quanto non intenzionati a trattare con i brigatisti, soprattutto se il prezzo della riuscita dell’accordo era la liberazione di terroristi già condannati, mentre i partiti di sinistra volevano provare a convincere la restante ala parlamentare a scendere a patti con le Brigate Rosse. Prevalse alla fine la linea della fermezza, onde evitare che la liberazione di brigatisti avesse potuto creare disordini sociali e violenze di piazza che si sarebbero riversati sulle forze dell’ordine che in quegli anni avevano pagato un prezzo altissimo nel tentativo di arginare le violentissime manifestazioni di piazza. Dopo 55 giorni di trattative le Brigate Rosse condannarono a morte Aldo Moro, dopo che i suoi capi di imputazione vennero letti e giudicati da un autoformatosi “Tribunale del popolo”. L’onorevole venne quindi nascosto nel cofano della Renault rossa e giustiziato con una serie di raffiche di arma da fuoco. La macchina venne poi parcheggiata in via Caetani, una traversa di via Delle Botteghe Oscure, a 150 metri dalla sede della Democrazia Cristiana e da quella del PCI, come a voler per l’ultima volta simboleggiare l’importanza dell’atto terroristico, che prese di mira il personaggio che forse avrebbe potuto portare a termine una transizione politica auspicata e voluta da tanti.
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